Bambini che pensano troppo: quando il pensiero si fa difesa

da | Benessere Psicologico

Come l’uso precoce della mente può predisporre alla sofferenza psichica

Molti disturbi psicologici pongono le loro radici nell’infanzia, soprattutto quando un bambino si trova costretto a usare precocemente il pensiero per far fronte a esperienze dolorose. Le evidenze cliniche mostrano come la mente, se usata troppo presto e in solitudine, non possa supplire al ruolo fondamentale del legame affettivo nello sviluppo della personalità e della salute mentale.

Pensare troppo, troppo presto

Un bambino trascurato, non visto, spaventato, abusato o lasciato solo sviluppa molto presto una strategia per sopravvivere. Una di queste strategie è il “pensiero ruminante“, cioè un attività mentale continua e incessante. Si tratta di un pensare che diventa rimuginare, che diventa dubitare, che diventa separarsi dal sentire. Il bambino inizia ad usare la mente per consolarsi, per dare un senso a ciò che gli accade, per reggere il peso di un’esperienza troppo grande.

Ma questo uso precoce e solitario del pensiero non è una risorsa: è una difesa. E come tutte le difese ha un costo.

Il pensiero non consola

Il pensiero, soprattutto nei primi anni di vita, non può offrire sicurezza. È ambiguo per natura: ogni pensiero può essere vero, ma anche il suo opposto potrebbe esserlo. L’esperienza umana è troppo complessa perché la mente, da sola, possa contenerla e rassicurarla.

Così il bambino prova a consolarsi con il pensiero, ma si ritrova sempre più confuso, solo, impaurito. Si aggrappa a qualcosa che non può davvero sostenerlo. Questo sforzo precoce ha un prezzo alto da pagare:

Nel tempo l’apparato mentale del bambino si sarà strutturato in modo disfunzionale, armato di pensieri rigidi, negativi, auto-svalutanti e auto sabotanti. Una mente che punisce anzichè aiutare.

E da grandi? Le conseguenze del pensiero precoce nell’età adulta

Da adulto la persona sentirà un vuoto affettivo profondo, come se gli mancasse qualcosa di fondamentale: l’esperienza di essere stato amato, accolto, protetto. Rifugiarsi nel pensiero crea nel tempo un adulto fragile, dubitante e confuso. L’attenzione si focalizza su possibili conseguenze negative a scapito della capacità di rispondere, decidere ed agire.

L’importanza di una relazione affettiva sicura

Un bambino ha bisogno, si nutre, ed è sostenuto da una relazione affettiva solida e significativa, nella quale possa sentirsi visto, toccato e accolto. Ha bisogno di vivere il corpo e l’anima dell’amore, non solo il pensiero. Un legame stabile, sicuro e carico d’affetto previene lo sviluppo futuro di patologie psichiche.

Relazioni che curano anche in età adulta

Anche in età adulta vivere relazioni stabili e significative, fondate sulla fiducia, sull’accoglienza e sul reciproco sostegno, rappresenta la condizione essenziale per reimparare ad ascoltarsi anziché criticarsi.
In una relazione professionale che metta al centro la persona – sia essa counseling, coaching, psicoterapia o altro – e che sappia restare prima di tutto umana, il pensiero può smettere di difendersi e il sentire ritrovare finalmente la sua casa. Dove la fiducia incontra l’accoglienza, e lo stimolo diventa cura, la mente può riposare e l’anima tornare a fiorire.


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Ecco una panoramica delle principali fonti che spiegano come l’uso precoce e difensivo del pensiero, in assenza di relazioni affettive significative possa predisporre a psicopatologie in età adulta.

🔹 1. Teoria dell’attaccamento (John Bowlby, Mary Ainsworth) Principio chiave: i bambini sviluppano un senso di sicurezza attraverso relazioni affettive stabili. La mancanza di queste relazioni porta a strategie difensive precoci. Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss Fonagy, P. et al. (1991, 2002). Mentalization and the Development of the Self 🔹 2. Mentalizzazione e sviluppo psichico (Peter Fonagy, Mary Target) Principio chiave: i bambini sviluppano la capacità di “pensare i pensieri” (mentalizzazione) solo se prima hanno avuto un adeguato contenimento emotivo da parte del caregiver. Se costretti a usare il pensiero come difesa troppo presto, sviluppano modalità di pensiero rigide, dissociative o persecutorie. Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E., Target, M. (2002). Affect Regulation, Mentalization, and the Development of the Self Luyten, P., Fonagy, P. (2015). The neurobiology of mentalizing 🔹 3. Psicoanalisi relazionale e psicopatologia dello sviluppo (Winnicott, Bion, Ferro) Winnicott: il “falso sé” nasce quando il bambino non è rispecchiato o contenuto affettivamente, e comincia a “funzionare da solo”. Bion: il pensiero nasce come risposta a un contenimento (alfa function); se non c’è contenimento, il pensiero resta disorganizzato o persecutorio. Bion, W.R. (1962). Learning from Experience Winnicott, D.W. (1960). Ego Distortion in Terms of True and False Self 🔹 4. Neuroscienze affettive (Allan Schore, Daniel Siegel) Principio chiave: lo sviluppo cerebrale – soprattutto delle aree emotive e regolatorie – è influenzato dall’ambiente relazionale. In mancanza di attaccamento sicuro, si attivano precocemente reti cognitive come meccanismo di compensazione. Schore, A.N. (2003). Affect Dysregulation and Disorders of the Self Siegel, D.J. (1999). The Developing Mind 🔹 5. Psicopatologia dello sviluppo (Cicchetti, Sroufe) Studi longitudinali mostrano che l’esposizione precoce a stress, abuso o trascuratezza sia correlata a strategie cognitive disfunzionali e a una maggiore incidenza di disturbi depressivi, ansiosi e borderline. Sroufe, L.A. (2005). Attachment and development: A prospective, longitudinal study from birth to adulthood Cicchetti, D., Rogosch, F.A. (2002). A developmental psychopathology perspective on adolescence

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