La via della spiritualità è la via di chi si assume l’intera responsabilità di se stesso, di ciò che genera e incarna.
Il primo passo è l’osservazione: osservo me stesso, le mie emozioni, i pensieri, le pulsioni. Osservo ciò che produco al mio interno.
Quando riesco a fare questo, cioè osservare senza giudizi, preferenze o censure, sono giunto al secondo passo: la presenza.
Essere presenti significa essere qui, adesso, in contatto con tutto ciò che c’è nel campo. Sono sveglio e mi accorgo.
Il terzo passo è la scelta: cosa faccio di ciò che mi attraversa? Della situazione in cui mi trovo? Che strada scelgo?
Quest’ultimo passo può seguire le pressioni della personalità (faccio ciò che mi tiene più al sicuro, che mi conviene, di cui ho diritto, che ci si aspetta da me, ecc…) o seguire la nostra essenza, anima, o natura divina: faccio ciò che è bene, a prescindere dai miei desideri personali. Aderisco ad un bene più ampio. Quest’ultima è la scelta di una parte di noi non più connessa solo al nostro vissuto famigliare bensì al nostro vissuto animico. Queste scelte avvengono su un piano spirituale e anzichè rispondere alla legge del desiderio rispondono alla legge della realizzazione: la realizzazione della nostra essenza, amorevole e luminosa.
Ripulire e potenziare la lente con cui guardi il mondo, in un infinito processo di risveglio a ciò che sei veramente non è crescita personale, è sviluppo spirituale, perchè senza una dimensione spirituale i nostri occhi vedono solo sogni o incubi.
Questo processo di risveglio è chiamato “fioritura interiore” ed è l’unico antidoto al senso di separazione che attanaglia la condizione umana, ricongiungendoci alla nostra essenza divina di cocreatori.
